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Anche quest’anno l’Eurovision Song Contest ha confermato di essere molto più di una semplice competizione musicale: è un case study perfetto di come un evento live possa diventare un fenomeno digitale globale grazie all’uso strategico dei social media, al coinvolgimento di creator, influencer e alle dinamiche virali delle piattaforme.Dal palco al feed, dalla diretta alla reaction, il concorso è diventato un’esperienza collettiva vissuta in real-time su più dispositivi. Il coinvolgimento non si esaurisce nella serata finale: si estende nei giorni successivi, alimentato da meme, trend, clip e contenuti pensati per ogni piattaforma. Eurovision è ormai un evento che vive in simbiosi con il mondo digitale, un laboratorio live per marketer, content creator e brand che vogliono capire come costruire attenzione, engagement e scambi autentici nel 2025. I dati parlano chiaro: il pubblico dell’Eurovision è giovane, connesso e attivo. E soprattutto: è abituato a partecipare, non solo a guardare.
Negli ultimi anni l’Eurovision si è trasformato in un evento pensato non solo per la TV ma anche (e soprattutto) per essere fruito, commentato e rilanciato sui social. Le performance non finiscono più sul palco: vivono sui duetti TikTok, nei reel reaction, nelle cover acustiche alternative, nei meme, nei video backstage su Instagram e nelle YouTube reaction.
TikTok in particolare ha giocato un ruolo centrale. Oltre ad essere main sponsor ufficiale dell’edizione 2025, ha creato una user experience immersiva con effetti esclusivi, sticker AR personalizzati e clip musicali utilizzabili dagli utenti. Nella sola settimana della finale, l’hashtag #Eurovision2025 ha superato i 5 miliardi di visualizzazioni, trainando un’ondata di contenuti generati dal pubblico. Ogni esibizione si è trasformata in un microevento virale, con artisti che ottenevano milioni di views ancor prima della fine della loro performance. Il pubblico non si limita più a osservare: ricrea, commenta, parodizza e reinterpreta. L’Eurovision è diventato uno spettacolo social-first, progettato per vivere in streaming e nello scroll infinito dei feed.
A trionfare a Basilea è stato JJ con "Wasted Love" per l’Austria, ma tra i protagonisti più acclamati spicca il nostro Lucio Corsi, che ha conquistato il quinto posto, facendo parlare di sé anche per lo stile estetico tra Bowie e i grandi cantautori italiani anni ’70. Già virale prima della finale, Lucio ha catalizzato l’attenzione anche grazie alla sua forte identità visiva, diventando un’icona queer-friendly e glam-rock per la Gen Z.
La sua presenza social è stata strategicamente potenziata: oltre 450.000 menzioni su X (Twitter) tra il 15 e il 18 maggio e centinaia di migliaia di repost tra Instagram e TikTok. A supportare il buzz, una campagna mirata che ha visto la partecipazione di creator italiani come BigMama, rapper, co-commentatrice Rai, ha ulteriormente amplificato l’hype con il suo racconto pungente e inclusivo, offrendo una chiave di lettura che ha conquistato le comunità femministe e LGBTQIA+. L’Italia, pur non vincendo, si è distinta come uno dei Paesi più discussi online.
L’Eurovision è un vero e proprio ecosistema digitale che vive tutto l’anno, alimentato da una community internazionale di fan e content creator. Negli ultimi anni, infatti, è esplosa una vera e propria industria parallela composta da blogger, youtuber e influencer specializzati, che seguono con passione ogni fase della competizione, dalle selezioni nazionali alle finali internazionali.
Tra i nomi più noti c’è William Lee Adams, fondatore di Wiwibloggs, tra i canali più autorevoli dedicati all’Eurovision. Con oltre 200.000 iscritti su YouTube, Wiwibloggs propone reaction video, classifiche, interviste esclusive e contenuti che raggiungono anche 20 milioni di visualizzazioni. Adams, ex giornalista BBC, è diventato una figura di riferimento per il fandom, definendo l’Eurovision come “le Olimpiadi della musica”.
Un altro punto di riferimento è Alesia Michelle, creator statunitense che su YouTube analizza performance, costumi e politiche interne al concorso, con una community molto attiva che segue ogni suo video.
Tra le voci emergenti c’è anche Tom Davitt, fisioterapista irlandese e autore del canale YouTube Eurovox, che racconta retroscena e aneddoti dei concorrenti in gara. Insieme ad altri creator europei, forma una redazione internazionale che copre il contest con podcast, short, e interviste sul campo.
Ma l’interesse non si esaurisce sui canali YouTube: newsletter, podcast, account TikTok e Instagram completano l’universo social dell’Eurovision. Creatori come ESCXTRA, Eurovision Hub e Destination Eurovision hanno trasformato la loro passione in una professione, attirando partnership, accreditamenti stampa e collaborazioni con le delegazioni ufficiali.
Il successo di questi creator è dovuto alla loro capacità di raccontare l’Eurovision con passione, competenza e continuità, colmando un vuoto lasciato dai media tradizionali. Il loro racconto è spesso più empatico, diretto e coinvolgente, capace di trasformare ogni canzone o artista in una storia da seguire.
L’Eurovision non dura una settimana, ma tutto l’anno, grazie a una galassia di creator che tengono vivo l’entusiasmo dei fan con contenuti costanti, personalizzati e ad alto valore di intrattenimento.
Negli ultimi giorni, i social sono letteralmente impazziti per i momenti più iconici dell’Eurovision 2025, che si sta rivelando una vera e propria miniera di meme, commenti e gif irresistibili. Il picco? Senza dubbio l’ingresso trionfale di Erika Vikman sul microfono dorato che spara scintille, diventato virale su TikTok e già remixato in versioni dance, metal e persino classica. Ma anche i “Viking Jedward” islandesi con le loro remate sincronizzate hanno conquistato il cuore (e lo humor) del pubblico online. E poi c’è lui, Tommy Cash, che con la sua Espresso Macchiato ha ispirato una challenge su Instagram e una valanga di reaction che vanno dal “WTF” al “genio assoluto”. Tra coreografie improbabili, outfit fetish e citazioni assurde (“Life is like spaghetti, it’s hard until you make it”), questa edizione di Eurovision è già entrata nel mito digitale.
Non mancano i mashup improbabili, come quello che accoppia la ballad drammatica di Louane con i passi di danza dei ballerini in accappatoio della Svezia, o i commenti che chiedono un disco in duo tra la dominatrix finlandese e Celine Dion. Su X (ex Twitter), il pubblico si scatena con pronostici, gif ironiche e thread dedicati a ogni dettaglio, dai look ai giochi di luce. Su Reddit si analizzano i sottotesti politici delle performance, mentre su Facebook spopolano i video reaction delle nonne italiane che cercano di capire che diavolo sta succedendo sul palco. Anche i brand si sono lanciati nella conversazione: una nota catena di caffetterie ha lanciato un filtro “Espresso Macchiato Mood” per Instagram. In breve, mai come quest’anno, Eurovision è diventato un vero fenomeno pop globale… e caffeinico.
L’Eurovision è ormai strutturato come un ecosistema digitale, dove la performance è solo il primo step. I contenuti extra—versioni alternative, cover, dietro le quinte, video verticali—sono pensati per alimentare l’"afterlife" digitale della canzone.
Ogni partecipazione si costruisce come una strategia cross-platform. Gli artisti rilasciano mini-documentari su YouTube, fanno dirette su Instagram, duettano su TikTok e lanciano challenge. È un circolo virtuoso in cui ogni contenuto genera reazioni, remix e nuove interpretazioni.
Come osserva Dr Brittany Ferdinands dell’Università di Sydney, “la viralità oggi vale quanto la vittoria. Gli algoritmi decidono il successo tanto quanto le giurie.” Un esempio lampante è Go-Jo: escluso dalla finale, ha raggiunto 1 miliardo di views su TikTok grazie a una challenge legata al suo brano “Milkshake Man”. Un successo che dimostra come l’impatto digitale possa superare il risultato ufficiale, aprendo porte nel mercato discografico e nello streaming.
L’Eurovision può essere letto come un modello di marketing integrato che fonde eventi live, strategia digitale, partecipazione attiva del pubblico e narrazioni crossmedia diventando così un caso di studio perfetto per comprendere come costruire una community intorno a un evento culturale globale. Tutto inizia con una narrazione coerente che viene declinata su più piattaforme e che lascia spazio all’improvvisazione, all’interazione e alla creatività degli utenti. Ogni performance infatti non è mai solo un’esibizione musicale ma un contenuto grezzo che viene rielaborato all’infinito remixato, ricontestualizzato, trasformato in reaction, in sketch comici, in challenge da replicare nel bagno di casa.
La viralità non è un effetto collaterale ma un obiettivo strategico: ogni artista arriva preparato con uno storytelling visivo e digitale preciso che si snoda dal primo teaser fino al post-finale. L'artista non comunica da solo ma si appoggia a community preesistenti a fandom internazionali e a creator che fungono da moltiplicatori.
Le case discografiche collaborano con agenzie di social media e talent management per costruire piani editoriali personalizzati spesso già in anticipo rispetto alla selezione nazionale. Un lavoro meticoloso che si riflette in contenuti di backstage in tour virtuali nella città ospitante in campagne coordinate tra TikTok e Spotify in questo ecosistema, anche i brand trovano spazio per inserirsi con contenuti coerenti: dalla creazione di filtri AR sponsorizzati alla collaborazione con microinfluencer locali che raccontano l’evento dal vivo creando un ponte tra fan e palco persino i momenti “non musicali” vengono capitalizzati: la scelta dell’outfit la prima prova in sala stampa l’arrivo all’aeroporto si trasformano in storytelling moment nei quali gli utenti possono immedesimarsi.
Ciò che colpisce è la fluidità con cui Eurovision riesce a mescolare musica, moda, attivismo, linguaggi pop e cultura digitale creando un universo transmedia in cui ogni elemento è occasione di engagement. Persino l’ironia gioca un ruolo chiave: gli errori in diretta, i meme nati sui social, i look discutibili vengono cavalcati anziché nascosti trasformando le imperfezioni in carburante virale. Questo approccio permette al brand Eurovision di rimanere giovane pur avendo settant’anni di storia, capace di adattarsi al linguaggio delle nuove generazioni senza mai perdere autorevolezza.
In definitiva il vero protagonista dell’evento non è solo chi vince ma chi riesce a rimanere al centro della conversazione anche dopo il gran finale.
Una lezione chiara per brand e professionisti del digitale: oggi chi crea engagement crea valore e chi costruisce narrazioni condivisibili entra nel cuore delle community. La musica diventa solo il punto di partenza per qualcosa di molto più grande: un’esperienza culturale partecipata
L’Eurovision 2025 ci insegna che non basta esserci, bisogna saperci stare. In un panorama dominato da contenuti veloci e relazioni digitali, è fondamentale progettare contenuti originali per le piattaforme e costruire narrazioni coerenti e coinvolgenti.
I brand devono imparare a inserirsi nella conversazione senza forzature, diventando parte del racconto. L’influencer marketing, quando ben orchestrato, diventa uno strumento potentissimo per connettere brand, eventi e community.
L’Eurovision ci mostra che oggi l’engagement è la vera valuta dell’attenzione. E che i contenuti non si impongono, si condividono. Il segreto sta nell’autenticità e nella capacità di costruire esperienze che parlino lo stesso linguaggio del pubblico: visivo, rapido, partecipativo e autentico.
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